Biopolitica. Il nuovo paradigma
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Il
secolo biotech
Il
secolo che Jeremy
Rifkin definisce "il secolo della biotecnologia" è
quello cominciato pochi anni fa, ma in realtà i suoi primi
passi li muove attorno la metà del Novecento. Per la verità
già dal 1914 Hermann
Müller aveva provocato le prime mutazioni artificiali in un animale
sottoponendo mosche della frutta ai raggi X. «Per
la prima volta, una forza artificiale, una macchina ai raggi X, aveva
cambiato la struttura fondamentale di un animale. Questo era un
impatto pratico, tangibile, non un trucco, non un cambiamento
provocato da un incrocio vecchio stile. I media riportarono
l'esperimento e dissero che un giorno, forse presto, gli scienziati
avrebbero creato individui progettati»
().
Ma all'epoca nessuno aveva idea di quale fosse esattamente la base
biologica dei geni.
All'origine
potremmo invece porre forse la scoperta del ruolo degli acidi
nucleici con riguardo all'ereditarietà da parte di Oswald
Avery. Avery pubblicò la sua scoperta nel febbraio 1944,
in un articolo nel Journal
of Experimental Medicine. «Non
fu, come un profano potrebbe aspettarsi, intitolato "Eureka!
Rivelato il segreto della vita sulla Terra! I geni sono fatti di
DNA!". Il codice tribale della scienza, specie negli anni
quaranta, richiedeva ai ricercatori di attenersi strettamente ai
fatti, e sperare che i loro colleghi potessero vedere attraverso il
gergo anodino e rendersi conto, cosicché all'articolo di Avery
fu dato il titolo impenetrabile di "Studi sulla natura chimica
della sostanza che induce trasformazioni nei tipi di pneumococco.
Induzione di una trasformazione da parte di una frazione di acido
desossiribonucleico isolato da uno pneumococco di tipo III"»
().
Tale
scoperta costituisce anche una prima premonizione del matrimonio
annunciato tra genetica ed informatica. Certo, la genetica di Mendel era "digitale" nel suo essere particolata rispetto agli
assortimenti indipendenti di geni attraverso i pedigree. Ma la base
fisica dei geni era sconosciuta, ed essi avrebbero ancora potuto
essere elementi con qualità, varietà, incidenza,
variabili in modo continuo ed inestrecabilmente connessi alla loro
manifestazione fenotipica. Quello che diventerà la genetica di Crick [alias, alias]
e Watson è intrinsecamente digitale e discontinua, sino al suo
cuore stesso, la famosa doppia elica. La dimensione di un genoma può
essere esattamente misurata in gigabasi con la stessa precisione con
cui la capienza di un disco per computer può essere misurata
in gigabytes. «Oggi
la genetica è pura tecnologia dell'informazione. E'
esattamente per questo che un gene antigelo può essere copiato
da un pesce artico ed incollato in un pomodoro»
().
La
prima base per ricadute pratiche venne comunque alla luce verso metà
degli anni cinquanta, quando i citologi riuscirono a trovare dei
metodi per la costruzione del "carotino", ovvero per la
separazione dei cromosomi dal resto della cellula, così da
consentirne lo studio al microscopio elettronico. Per la prima volta,
fu così possibile correlare le anomalie dei cromosomi con le
malattie genetiche, facendo nascere «la genetica medica, ovvero
quel ramo della genetica che abbraccia lo studio delle malattie
genetiche sia a livello cromosomico sia a livello del paziente»
().
Nel
1968, due ricercatori svedesi, Torbjörn
O. Caspersson e Lore
Zech, scoprirono poi che ogni gene ha una diversa quantità
delle quattro basi azotate che formano i nucleotidi, e cioè
guanina, adenina, timina, e citosina, nonché individuarono un
composto, la mostarda di acridina e chinarcina, che ha affinità
con la guanina, e consente perciò di colorare i cromosomi
evidenziando le quantità di guanina, rendendo per la prima
volta possibile l'identificazione di singoli cromosomi umani. Con
l'aggiunta di altre simili tecniche di colorazione, verso la fine
degli anni settanta i genetisti si trovarono già in grado di
collegare tratti genetici specifici a malattie note, tanto che al
primo convegno nel 1972 sulla mappatura genica venne annunciata la
mappatura di circa cinquanta geni supplementari, portando il numero a
centocinquanta, destinati ad arrivare a circa millecinquecento nel
1986.
Nel
1988 venne quindi lanciato il Progetto
Genoma [alias],
promosso da Watson e Crick [alias, alias]
()
e che vide coordinati tutti gli enti pubblici di ricerca statunitensi
in uno sforzo miliardario e pluriennale volto alla mappatura
dell'intero DNA umano ().
Poco dopo altri governi lanciano progetti analoghi, ma sarà
una società commerciale, la Celera
Genomics, a completare il progetto nell'aprile del 2000, circa un
decennio in anticipo sul previsto, lavorando a partire dai dati già
resi pubblici e sviluppandoli sulla base dell'impiego massiccio di
risorse di calcolo computerizzato, e richiedendo alcune migliaia di
brevetti in relazione ai risultati conseguiti ().
Naturalmente, la mappatura del codice genetico è solo l'inizio
per identificare il ruolo e la funzione di ciascun singolo gene, ma
costituisce il presupposto per giungere a capire il funzionamento
dell'intero corredo genetico di un dato organismo. A
questo punto sono del resto da tempo in corso analoghi "Progetti
Genoma" per piante, microorganismi ed altre specie animali, per
un investimento mondiale complessivo di miliardi di dollari ().
Richard
Dawkins ha d'altronde recentemente provveduto ad estrapolare nel
futuro l'andamento di tempi e costi per la mappatura genetica,
notando come nel 1965 è costato circa mille sterline per
"lettera", o coppia di basi, sequenziare l'RNA di alcuni
batteri, che nel 1975 sequenziare il DNA del virus .X174 è
costato circa dieci sterline per coppia; e che nel 1995 eravamo già
a una sterlina nel caso del nematoda Caenorhabditis
elegans. Quando è
stato completato il progetto Genoma Umano nel 2000, eravamo già
a 10 pence. Ora, anche
ammettendo che tale evoluzione si assesti su una progressione simile
a quella dettata dalla legge
di Moore (),
la previsione più prudente parrebbe indicare che al più
tardi nel 2050 saremo in grado di sequenziare l'intero genoma di un
singolo individuo umano (o, se per questo, animale o vegetale) con
tempi e prezzi simili a quelli oggi applicabili ad un banale esame
del sangue ().
Craig
Venter ritiene invece che
entro il 2008 il suo Center for Advancement of Genomics (oggi J.
Craig Venter Institute)
sarà in grado di sequenziare l'intero genoma individuale di un
uomo per circa mille dollari, ed altri fanno previsioni ancora più
aggressive ().
Naturalmente,
conoscere il codice genetico di un organismo non significa ancora
capire tutto di quell'organismo, e come nota Dawkins ci sono tre passi ulteriori da fare. Il primo, difficile ma ormai
completamente risolto, è calcolare la sequenza di aminoacidi
nella proteina prodotta dal gene dalla sequenza di nucleotidi di
quest'ultimo. Il secondo, è calcolare la forma tridimensionale
della proteina dalla sequenza degli aminoacidi che la compongono. Il
terzo, è calcolare che embrione il gene è destinato a
produrre tenuto conto del suo "ambiente" (costitutuito in
primo luogo dagli altri geni compresenti, ma anche dalla cosiddetta
informazione perigenetica) ().
L'idea è che sempre nel 2050 sia possibile imputare in un
computer il codice genetico di un mammifero, ed ottenere il calcolo
del tipo di embrione che tale codice è destinato a produrre.
E' possibile d'altronde che stante l'irriducibilità dei
calcoli necessari, il programma e l'hardware più efficienti
per effettuare tale calcolo restino, come vedremo,... il gene stesso
ed un utero ().
A
sua volta, il calcolo delle differenze tra il genoma di specie
diverse, per esempio gli esseri umani e gli scimpanzé,
consente di individuarne i tratti distintivi, e magari ricostruire
specie diverse ed estinte imparentate con entrambi ().
Altra questione non irrilevante è la prospettiva
dell'introduzione di alterazioni importanti negli animali superiori:
«I bioetici discutono
frequentemente le possibili sfide di un'intelligenza umana
incrementata», nota Gregory
Stock [alias],
«senza rendersi conto che
tali possibilità saranno necessariamente precedute da
incrementi su animali, dato che non esistono altri modi per
sviluppare e testare interventi di questo tipo. Raddoppiare
come è stato fatto l'arco di vita di un verme o di un topo può
non minacciare le nostre nozioni di identità umana, ma
incrementare sostanzialmente l'intelligenza di un topo è
un'altra questione. Qualsiasi sostanziale modifica o miglioramento
dell'intelligenza di una scimmia superiore o di un cane solleverebbe
ulteriori questioni, specialmente se la loro intelligenza venisse ad
avvicinarsi alla nostra»
().
Scriveva Faye già
nel 1998: «Una delle tesi centrali della nozione di
archeofuturismo che cerco di promuovere è la seguente: in modo
paradossale la tecnoscienza del XXI secolo sta mettendo alle corde
la modernità. Essa rischia di riabilitare concezioni
inegualitarie e arcaiche. Un semplice esempio in materia di genetica:
la mappatura del genoma umano, lo studio delle malattie ereditarie,
la messa a punto delle terapie genetiche, le ricerche sulla chimica
del cervello, sull'AIDS e sulle malattie virali, etc., cominciano già a far apparire
concretamente, nei suoi fattori determinanti, l'ineguaglianza dell'uomo. La comunità scientifica è presa tra
l'incudine e il martello: come al tempo stesso obbedire alla censura
del politically correct, cedere al terrorismo intellettuale
dell'egualitarismo, e proclamare verità scientifiche che
potrebbero rivelarsi terapeuticamente utili ()?
Ci sarà conflitto, e conflitto grave. Già ora i
genetisti, i sessuologi, i virologi, hanno sempre più
difficoltà a nascondere che uno dei mitemi canonici della
religione dei Diritti dell'Uomo, cioè il postulato della
"sostanziale" uguaglianza genetica dei diversi gruppi umani
e quello dell'individualizzazione genetica degli uomini è
scientificamente insostenibile» ().
E
aggiunge: «D'altra parte, è chiaro che le biotecnologie
(procreazione assistita, impianti biotronici, organi artificiali ed
addizionali, clonazione, terapie geniche, manipolazione del genoma,
tutte tecnologie che senza osare pronunciare la parola rispondono ad
una logica eugenetica), non saranno accessibili a tutti né
rimborsabili dal sistema sanitario nazionale, né applicabili
altrove che nei grandi paesi industrializzati. Un eugenismo di fatto,
proposto ad una minoranza la cui aspettativa di vita ne uscirà
in più rafforzata: il colmo dell'ineguaglianza sta per
scivolare come un virus nel cuore della civiltà egualitaria e
moderna. Altro problema seccante: come reagiranno i nostri umanisti
quando saranno prodotte chimere (ibridi uomo-animale) e cloni per
creare banche d'organi e del sangue, migliorare lo sperma, testare
medicine? Tenteranno di vietarlo? Non ci riusciranno. Per sopportare
lo choc globale della genetica del futuro, occorrerà una
mentalità arcaica». Una mentalità non-umanista,
che sia in grado di orientare, legittimare e integrare il nuovo
potere dell'uomo su se stesso nel quadro della costruzione di un
destino collettivo di razza e di specie, e che appare oggi
alternativa necessaria alla disumanizzazione che la paralisi e
la resa dell'ideologia dominante finiscono per comportare.
Infatti,
nel corso del periodo esaminato e sino ad oggi, l'accumulo con
velocità crescente di nuovi dati e lo sviluppo di nuovi metodi
per isolare ed identificare i geni si sono costantemente affiancati
alla scoperta di una complessa serie di tecniche di manipolazione e
trasformazione dei geni stessi. Uno dei più notevoli di questi
metodi è quello del DNA ricombinante. Nel 1973 venne
realizzata da due biologi di Stanford, Paul
Berg e Maxine
Singer, un'impresa che, come nota Rifkin, «secondo alcuni
esperti di biotecnologia, nel mondo della materia vivente, è
paragonabile per importanza alla scoperta del fuoco» ().
I due ricercatori spiegarono di aver preso due organismi non
correlati tra loro, ossia che non si accoppiano in natura, di aver
isolato un frammento di DNA da ciascuno, e quindi di aver ricombinato
i due frammenti di materiale genetico ().
Se
per più di diecimila anni gli uomini hanno manipolato la
biologia del mondo vegetale ed animale, e più o meno
indirettamente la propria, le tecnologie in questione rappresentano
un salto di qualità evidente. L'austera e conservatrice Enciclopedia
Britannica, già nel 1976 scriveva al riguardo: «come
in passato abbiamo manipolato la plastica e i metalli, adesso stiamo
costruendo materiali viventi» ().
In effetti, le tecniche tradizionali di ibridazione possibili tra
specie diverse incontrano limiti severi in campo vegetale, ed ancor
più in campo animale, dove tali limiti sono stati indeboliti
solo in modo minimo dalla fecondazione artificiale. L'ingegneria
genetica supera invece radicalmente le costrizioni imposte dai
confini di specie.
Lo
stesso concetto di specie come entità riconoscibile, unica, e
stabile per sua natura, diventa un anacronismo quando cominciamo a
ricombinare i tratti genetici superando i confini dell'interfecondità
"naturale o quasi". Rifkin cita al riguardo tre dei primissimi esempi pratici dei risultati
raggiungibili.
«Nel
1983, Ralph
Brinster dell'Università
della Pennsylvania inserì in embrioni di topo i geni umani
che regolano l'ormone della crescita. I topi espressero i geni umani,
si svilupparono con una rapidità più che doppia del
normale e raggiunsero una taglia più che doppia di qualsiasi
altro membro della stessa specie, trasmettendo la relativa
caratteristica alla propria discendenza. A tutt'oggi esistono
discendenti di questo esperimento, in cui geni umani sono stati
permanentemente incorporati nel corredo cromosomico di questi
animali. Agli inizi del 1984, alcuni scienziati lavorarono su cellule
embrionali di capra e pecora, trasferendo l'embrione che ne risultò
in un animale che diede alla luce una chimera capra-pecora, che
costituisce il primo esempio di fusione di due animali assolutamente
non correlati. Nel 1986 altri scienziati presero il gene che codifica
l'emissione della luce nella lucciola e lo inserirono nel codice
genetico di una pianta di tabacco. Risultato: le foglie di tabacco
brillavano al buio!» ().
Questi
primi risultati, sia pure inutili o vagamente orrendi, naturalmente
non sarebbero stati realizzabili utilizzando le tecniche di
riproduzione o ibridazione tradizionale. Nei moderni laboratori
biotecnologici le possibilità di ricombinazione sono al
contrario virtualmente illimitate. Le nuove tecnologie consentono di
combinare materiale genetico di qualsiasi provenienza, in vista di
qualsiasi possibile scopo. Le caratteristiche genetiche degli
organismi viventi si avviano perciò a divenire frutto
unicamente di scelte e preferenze esplicite.
Giova
sottolineare anche che tale radicale trasformazione del nostro
rapporto con la natura non è data dall'applicazione delle tecniche in questione, ma dall'esistenza stessa della
possibilità di applicarle. È perfettamente
possibile sparare con una mano davanti agli occhi, e lasciare che "il
destino segua il suo corso", ma nel momento in cui ci vedo, o
posso vederci se lo desidero, la responsabilità di dove vada
la pallottola resta comunque mia, così come resta mia quella
di piantare varietà vegetali meno produttive, o non rimediare
ad un difetto genetico in un embrione. Mentre conservare immutate
specie antiche, o addirittura resuscitare specie estinte (),
rientra tra le opzioni possibili, tutto questo non è più
frutto ormai che di un (possibile) gusto o interesse o scelta in tale
senso, esattamente come lo sarà il permettere la nascita di un
bambino con malformazioni di origine genetica.
La
declinazione dei primi impieghi delle acquisizioni suddette, nel
clima culturale contemporaneo e in mancanza di qualsiasi ispirazione
storico-politica, è ovviamente mercantilista, nel quadro di
una dialettica limitata alla contraddizione tra moralismo impaurito e
"mercato". Gli equilibri di forze, nel panorama finanziario
mondiale e nei rapporti tra i singoli paesi, ne sono comunque già
significativamente toccati.
Centinaia
di aziende di bioingegneria si contendono posizioni di mercato,
cervelli, brevetti e capitale di rischio (in particolare nelle borse
note come "Nuovi Mercati" e dopo l'esplosione della bolla
speculativa della New Economy della fine anni novanta), con nomi come Amgen, Organogenesis, Genzyme, Calgene, Mycogen; ma
guerre di posizione rilevanti coinvolgono pressoché tutte le
multinazionali farmaceutiche, della chimica e del comparto
agricolo-alimentare, tra cui Novartis, DuPont, Monsanto, Pfizer, Eli
Lilly, Dow
Chemical, Ciba-Geigy, Bayer, Pharmacia,
etc. ()
Le
applicazioni sono praticamente illimitate, e verranno ad incidere
progressivamentesulle risorse e sull'indipendenza e potere economico
dei paesi coinvolti.
Nell'industria
mineraria, i ricercatori stanno sviluppando nuovi microorganismi
capaci di rimpiazzare i minatori e le loro macchine nell'estrazione
dei metalli. Già dall'inizio degli anni ottanta sono stati
testati microorganismi che consumano metalli come cobalto, ferro,
nickel e manganese. Una società ha riferito di aver introdotto
con successo un batterio «in composti a bassa concentrazione di
rame, nei quali ha prodotto un enzima che ne elimina i sali,
lasciando una forma di rame quasi pura» ().
Per i metalli a bassa concentrazione, difficili da estrarre con
metodi tradizionali, saranno i microorganismi a fornire lo strumento
utile a renderne possibile l'estrazione e la lavorazione. Simili
applicazioni sono già in atto per degradare i minerali nei
quali è presente oro metallico, prima della sua estrazione
chimica, così da incrementare la resa di quest'ultima. Rileva
Rifkin: «Si pensa che in futuro l'industria mineraria
incrementerà notevolmente l'uso di microorganismi, come la via
più economica per utilizzare rocce metallifere a bassa
concentrazione e quei minerali che normalmente verrebbero scartati»
().
Tra
le applicazioni utili a minimizzare l'impatto dannoso dell'uomo
sull'ambiente e i pericoli insiti in alcune lavorazioni viene citata
altresì la progettazione di microorganismi che consumino il
gas metano presente nelle miniere, una delle maggiori cause di
incidenti, a seguito della sua tendenza ad esplodere ().
Le biotecnologie vengono considerate effettivamente uno strumento
promettente per la bonifica ambientale, e in particolare per la
sostituzione delle sostanze tossiche con sostanze utili o quanto meno
innocue da parte di funghi, alghe e batteri appositamente modificati
().
L'Institute for
Genomic Research ha d'altronde sequenziato il genoma di un
microbo caratterizzato da una elevata capacità di assorbire
radiazioni, e conta di utilizzare le conoscenze acquisite per creare
nuovi metodi atti alla gestione delle scorie radioattive.
In
realtà, a seconda dei casi, risulta interessante tanto la
capacità di aumentare quanto quella di ridurre l'assorbimento di scorie chimiche o radioattive da parte di una data
specie vegetale, così come di qualsiasi altro elemento. Mentre
una specie coltivata a scopo di bonifica è immaginabile debba
immagazzinare quanto più possibile degli elementi
indesiderabili, il contrario è vero per una specie allevata a
fini alimentari, magari sul medesimo territorio inquinato, in cui al
più andrà incrementato l'assorbimento di oligoelementi
che ne migliorino le caratteristiche nutrizionali, e in particolare
la loro collocazione nella parte edibile della pianta (ad esempio, il
frutto, o le foglie). Ma il concetto può essere spinto ancora
un po' più in là. Per esempio, la Purdue
University in Indiana sta studiando l'alterazione
dell'assorbimento vegetale di metalli pesanti non solo a scopo di
bonifica, ma di addirittura di riciclaggio dei metalli stessi ().
Alcune specie di alberi, in particolare pioppi geneticamente
modificati, sono in grado da soli di pompare tramite il loro sistema
radicale, concentrare e biodegradare pericolosi composti organici,
rimpiazzando un'intera filiera di bonifica industriale ().
Le società di silvicoltura stanno inoltre esaminando la
possibilità di isolare geni che possano essere inseriti negli
alberi per farli crescere più velocemente, in tal caso non
solo a fini di rimboschimento, ma produttivi. La Calgen ha già
negli anni novanta isolato il gene dell'enzima che controlla la
produzione della cellulosa nelle piante, in vista di un'utilizzo per
ottenere piante maggiormente efficienti per le industrie della pasta
di cellulosa e per le cartiere.
Altri
esperimenti, industrialmente ancora più rilevanti, sono in
corso per quello che riguarda il settore energetico, con particolare
riguardo alla ricorrente proposta di sostituire i combustibili
fossili con l'etanolo, il normale alcool presente nelle bevande e nei
disinfettanti, ad esempio come carburante per i veicoli, o per la
produzione di energia elettrica. A tale fine sono in corso
esperimenti volti ad aumentare la produttività specifica delle
risorse vegetali, come la canna da zucchero. Un batterio del ceppo Escherichia
coli è stato reso capace di consumare i residui
agricoli, gli scarti di produzione alimentare, i rifiuti solidi
urbani, convertendoli direttamente in etanolo. Sempre in vista della
sostituzione del petrolio, una ditta britannica chiamata ICI pare
abbia sviluppato batteri in grado di produrre plastica con varie
caratteristiche, mentre nel 1993 Carlo Sommerville, del centro
di botanica del Carnegie Institute di Washington ha inserito un
gene in una pianta di senape che la rende ugualmente capace di
produrre sostanze plastiche, che la Monsanto si ripromette di utilizzare industrialmente.
La
suddetta Monsanto,
una delle maggiori multinazionali attive nel settore chimico, ha
liquidato integralmente nel 1997 la sua divisione attiva nel campo
della chimica tradizionale, ed ha integralmente ancorato i propri
programmi di ricerca, sviluppo e marketing alle biotecnologie.
Ricorda ancora Rifkin: «Nel campo dell'agricoltura, la
bioingegneria viene considerata una parziale alternativa
all'industria chimica e ai suoi prodotti. Gli scienziati sono
impegnati a creare nuove coltivazioni che possano prendere l'azoto
direttamente dall'aria, piuttosto che essere obbligati a fare
affidamento sui costosi fertilizzanti petrolchimici attualmente in
uso. Inoltre si fanno esperimenti per trasferire le caratteristiche
genetiche da una specie all'altra al fine di migliorare il valore
nutrizionale delle piante e aumentarne il raccolto e il rendimento.
[...] Le prime varietà alimentari geneticamente trattate
furono piantate nel 1996. Più di tre quarti dei campi di
cotone dell'Alabama sono stati modificati geneticamente al fine di
combattere gli insetti nocivi. Già nel 1997 negli Stati Uniti
soia geneticamente modificata veniva piantata in più di otto
milioni di acri e grano dal genoma ugualmente modificato in più
di tre milioni e mezzo di acri; nel 1998, siamo ai 28 milioni di
ettari su scala mondiale» ().
Batteri
e vegetali non sono certo gli unici organismi coinvolti. «In
Florida, nel 1996, è stato realizzato il primo insetto
geneticamente modificato, un acaro predatore. I ricercatori
dell'Università
della Florida sperano che possa mangiare gli altri acari che
danneggiano le fragole e gli altri raccolti. Gli scienziati
dell'Università
della California a Riverside hanno svolto invece la
sperimentazione per inserire un gene letale nel corredo cromosomico
dell'antonoma rosa del cotone, un parassita che causa ogni anno nei
campi danni per milioni di dollari. Il gene killer si attiva in
primavera, uccidendo i giovani parassiti prima che essi possano
danneggiare il cotone, accoppiarsi e riprodursi. L'idea dei
ricercatori Thomas
Miller e John
Peloquin è quella di allevare fino a maturità
milioni di questi antonomi geneticamente modificati, in modo da
rilasciarli pronti ad accoppiarsi con quelli del ceppo selvatico. La
progenie conterrà il gene letale e di conseguenza morirà
in massa per effetto di questa nuova forma di peste volutamente
creata» ().
Se
la rivoluzione del secondo uomo presto o tardi vede sempre
nell'avvento dell'agricoltura un elemento caratterizzante, non è
detto che tale situazione sia destinata a restare immutata, a meno
che non sia la politica a decidere che l'agricoltura stessa
vada conservata per ragioni sociali o di altro genere. Se la
fantascienza ha da tempo preconizzato l'avvento delle colture
idroponiche, vi è chi ritiene che a breve termine la maggior
parte dei prodotti agricoli potranno effettivamente essere fabbricati indoor e industrialmente.
Già
alla fine degli anni ottanta, la Escagenics annunciava di essere
riuscita a produrre vaniglia in laboratorio. La vaniglia è
l'essenza più diffusa in America, ed è contenuta in un
terzo dei gelati venduti, senza contare gli altri utilizzi in
pasticceria, profumeria e cosmetica, ma ha un costo di produzione
elevato, richiedendo un'impollinazione manuale e delicati processi di
raccolta. La tecnologia proposta dalla Escagenics, basata sullo splicing genetico, dovrebbe consentire di ottenere la vaniglia
da colture batteriche modificate con il gene della pianta relativa,
in grandi serbatoi, eliminando d'un colpo la necessità del
seme, della pianta, del terreno di coltura, della sua concimazione,
della coltivazione, del raccolto e del contadino. Analogamente,
vescicole di aranci e limoni sono stati fatti crescere da colture di
tessuti, anticipando il momento in cui la spremuta verrà
fatta "crescere" in grandi vasche, senza alcuna necessità
di piantare agrumeti ().
Similmente, secondo un articolo del Washington
Post (),
il Dipartimento
dell'Agricoltura degli Stati Uniti ha persuaso cellule di cotone
a riprodursi in serbatoi pieni di sostanze nutritive; essendo tale
ambiente privo di microbi, l'idea sarebbe di utilizzare tale
procedura inizialmente per la produzione di garze sterili, per poi
generare le economie di scala utili a stabilire un'offerta
competitiva per il settore tessile in genere.
Due
biologi dello stesso dipartimento, che all'epoca avevano
l'amministrazione dell'attività di ricerca, nel 1994 hanno
rilasciato un'intervista ()
in cui prevedono che ai campi verrà lasciata unicamente la
coltivazione di biomasse perenni, senza altro scopo che quello di
intercettare l'energia solare mediante fotosintesi. Il prodotto
potrebbe poi essere convertito mediante enzimi in una soluzione
zuccherina, da sfruttare come sostanza nutritiva per la produzione
industriale di pasta di cellulosa ricavata da colture di tessuti, che
potrebbe a sua volta venire ricostituita ed elaborata in forme e
consistenze diverse per imitare quelle associate alle coltivazioni
"cresciute sul terreno", in ambienti altamente
automatizzati, e con minimo impiego di manodopera.
L'impatto
sociale esplosivo di tutto ciò è facilmente
immaginabile.
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