Biopolitica. Il nuovo paradigma
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Futuri
alternativi
Naturalmente,
l'unica cosa che sappiamo con certezza del futuro della nostra specie
e della nostra razza è che esso si trova di fronte a noi.
Sappiamo anche che non esiste possibile "ritorno al passato"
().
Può esserci solo un ritorno
(propriamente: l'Eterno Ritorno) di ciò che in
passato ci ha consentito di affrontare sfide nuove ed affermare noi
stessi. La nostra inquieta esplorazione del mondo, le tecniche
che ne discendono, ci condannano a delle scelte, ci offrono dei
poteri, ma non possono dirci cosa farne. Questo non appartiene
agli ingegneri o agli scienziati o ai giuristi, ma agli "eroi
fondatori", ai poeti, ed alle aristocrazie che sanno tradurre in
atto l'oscura volontà collettiva della comunità
popolare da cui emanano, costruendole monumenti destinati a sfidare
l'eternità, lasciando dietro di sé una "gloria che
non muore".
Le
questioni qui discusse sono destinate comunque a plasmare il nostro
futuro. La crescente banalizzazione delle possibilità che
vengono via via aperte rende impensabile che esse possano
essere unanimemente represse o ignorate a livello planetario per
qualsiasi durata di tempo significativa, qualsiasi sia la forza della
censura applicata, dell'influenza culturale e politica della tendenza
a negarne la portata o vietarne l'applicazione, del controllo
poliziesco interno ed internazionale che venisse stabilito al
riguardo ().
Ora,
vi è chi ritiene, pessimisticamente, che contro ogni apparenza
il progresso teorico e tecnico fondamentale da tempo rallenti;
o che addirittura, dopo l'incredibile accelerazione del periodo a
cavallo tra i due ultimi secoli, si stia fermando, in coincidenza non
casuale con la graduale affermazione del sistema della
globalizzazione planetaria e della sua promessa di una fine della
storia; ed è lecito pensare che le mirabolanti applicazioni
attuali, ivi comprese quelle discusse nel presente lavoro, non siano
che "implementazioni" ed "industrializzazioni"
portate a termine da nani in punta di piedi sulle spalle di giganti
().
Ma la questione non ha veramente importanza, perché come
abbiamo visto gli sviluppi annunciati non richiedono alcun vero breakthrough, alcuna
rivoluzione fondamentale nelle conoscenze e nelle tecniche oggi
disponibili. In fin dei conti, persino un'impresa fondamentale come
il completamento del Progetto Genoma umano non è consistita in
altro che nel buttare risorse addosso ad un problema che in termini
generali si sapeva già come risolvere. Il "mutamento
di paradigma" è già alle nostre spalle.
Perciò,
anche ipotizzando la scelta di un radicale tentativo di rimozione
collettiva, di un proibizionismo assoluto, il nostro modo di vivere
ne sarà irrimediabilmente cambiato. Ad esempio, per ciò
che riguarda la riproduzione e l'ingegneria genetica umana, quando le
tecniche coinvolte saranno accessibili a tutti, poco oltre il livello
di una scatola del "Piccolo Chimico", per escluderne
davvero l'utilizzo dovremmo instaurare il sequestro di tutti gli
ovuli e gli spermatozooi ai naturali detentori onde prevenirne la
manipolazione; l'istituzione di una banca dati delle specie e delle
razze "naturali" da cui sarà vietato discostarsi; la
verifica per legge di tutte le gravidanze per controllare che siano
il frutto di ovuli propri, fecondati da un partner estratto a sorte e
di cui sia ignota l'identità genetica, e che le stesse siano
portate a termine senza sapere quale ne sarà il prodotto.
Che
uno scenario di questo genere possa davvero mantenersi è però
molto poco probabile, malgrado gli sforzi dei "comitati di
bioetica" e dei legislatori più condizionati in senso
reazionario.
«E'
improbabile che provvedimenti legislativi alterino le possibilità
fondamentali che emergono ora. Lo status legale delle varie procedure
in vari paesi può affrettare o ritardare il loro arrivo, ma
sono destinate ad avere un impatto limitato a lungo termine, perché
le tecnologie genomiche e riproduttive in esame sorgeranno dal filone
principale della ricerca biomedica attuale, che andrà
avanti comunque. Le messe al bando non determineranno se, ma quando e soprattutto dove le tecnologie diverranno
disponibili, chi ne approfitterà, chi indirizzera il loro
sviluppo, e quali genitori avranno prima accesso ad esse. Le leggi
decideranno se le tecnologie verranno sviluppate in test clinici
condotti negli Stati Uniti, da laboratori governativi in Cina, o in
strutture clandestine in qualche isola dei Caraibi»
().
Nulla
impedisce invece che la frattura epocale che si prospetta venga ad
accelerare la fine della storia anziché la sua rigenerazione. E' indubbiamente facile immaginare uno scenario
in cui il Sistema, in particolare attraverso società
multinazionali e pubbliche amministrazioni complici, stabilisca o
rafforzi grazie alle biotecnologie il proprio potere sulle risorse
alimentari, energetiche e industriali, e le asservisca a finalità
di controllo sociale, anche attraverso la deliberata accelerazione, a
livello di diretta manipolazione genetica delle popolazioni,
dell'uniformizzazione planetaria della specie e della rimozione delle
"devianze" potenzialmente destabilizzanti. Le tecniche
descritte potrebbero in tale quadro essere rese unicamente
strumentali al governo cieco di un "mercato" mondiale, ora
per sfamare un'umanità indifferenziata, sradicata, decadente e
brulicante, votata al puro sfruttamento e distruzione dell'ambiente
terrestre; ora per servire finalità di microedonismo borghese
di pseudo-élite degenerate – magari aggrappate
patologicamente alla sopravvivenza individuale dei propri membri e la
cui età media sarebbe del resto destinata ad innalzarsi
progressivamente – , ma comunque in un quadro di disumanizzazione
progressiva.
L'eliminazione
sempre più radicale dei fattori selettivi tradizionali, e la
loro limitata e meccanica sostituzione su scala mondiale con quelli
creati da un formicaio mercantilista e globalizzato, verrebbero così
ad allearsi con una progressiva trasformazione dell'ambiente e
dell'uomo trascinata unicamente da meccanismi economici insensati, e
in particolare dalla dialettica perversa tra le capricciose
preferenze e i pregiudizi ideologici di consumatori autoreferenziali,
e i mezzi di condizionamento di massa che li determinano, li echeggiano e li amplificano al tempo stesso.
Tale
prospettiva, proprio in quanto completamente incontrollata, ha
indubbiamente notevoli potenzialità catastrofiche per la
nostra specie e il suo ambiente, quali quelli messi in risalto
soprattutto da chi combatte in generale la "rivoluzione
biologica" attuale da posizioni reazionarie, ed ancora quelli
inerenti al pericolo disgenico e alla "fragilizzazione"
della specie che consegue alla riduzione del suo grado di varianza
interna, della sua plasticità, e della sua capacità a
sopravvivere in condizioni diverse da quelle, del tutto
artificiali, oggi garantite ai più, e non solo in
occidente.
Ma
se possibile ancora più agghiacciante è per alcuni la
prospettiva che tale processo possa avere successo, ed
effettivamente stabilizzarsi, realizzando la promessa biblica di
restituire alla fine la nostra specie a quella dimensione naturale,
puramente statica, "animale", se non "fisico-chimica",
da cui non avrebbe mai dovuto uscire mangiando i frutti dell'albero
proibito dell'ominazione.
L'ambiente
artificiale creato dall'uomo stesso, nel perdere le sue ultime
vestigia di "naturalità", finirebbe così per
reinghiottire il suo creatore, reso un mero, provvisorio ingranaggio
dai confini indefiniti, nel contesto di una "macchina"
bio-socio-economica capace di azzerare qualsiasi identità,
destino, appartenenza, autodeterminazione collettiva del proprio
futuro culturale e biologico; e addirittura qualsiasi tentazione in questo senso. Non diversa è d'altronde l'aspirazione ad un
Sistema che ci spogli definitivamente dalla "responsabilità
intollerabile" del dominio dell'uomo sull'uomo, di artefici
delle proprie fortune, a favore di meccanismi impersonali, di
interessi materiali ed individuali dati, e perciò prefissati e
sottratti alla dimensione della libertà e dell'arbitrario.
Scrive Massimo Fini:
«Se fosse solo una questione di multinazionali, di un trust di
'cervelli' che guida la baraonda, di una qualsiasi Trilateral o "Spectre",
le cose sarebbero più semplici. Ma il fatto è che
l'uomo moderno, nato col liberalismo, l'individualismo, la
democrazia, è divenuto ostaggio del meccanismo, industriale,
tecnologico, produttivo ed economico, che lui stesso ha creato e che
è sfuggito di mano agli stessi apprendisti stregoni che
pretendono di governarlo. Un meccanismo che si autoregola
esclusivamente in funzione della propria crescita ed
autoperpetuazione, indifferente alla condizione umana. Non sono le
oligarchie, nazionali ed internazionali, politiche ed economiche, a
guidarlo: queste sono solo i profittatori di giornata e le mosche
cocchiere di una carrozza che va per conto suo» .
In
ogni modo, i cicli parabiologici delle grandi culture spengleriane
del "secondo uomo" sono comunque finiti, così come
si è conclusa la possibilità che le razze che le
esprimono e che da queste sono plasmate possano limitarsi a ripetere
lo schema di vita in cui hanno abitato gli ultimi dieci o
quindicimila anni.
E'
proprio Spengler,
autore, con Il
tramonto dell'Occidente, di
quello che lui stesso definisce "Lineamenti
di una morfologia della storia mondiale" () ed analista dei grandi cicli delle cosiddette culture superiori, a
riconoscerlo: «Il
tempo non si può fermare. Non vi sono saggi ritorni né
prudenti rinunzie. Soltanto i sognatori sperano nelle vie di
salvezza. L'ottimismo è viltà.
Siamo nati in questo tempo e dobbiamo percorrere sino alla fine la
via che ci è destinata... Questa è grandezza, questo
significa aver razza» ().
Aggiunge Jünger:
«L'uomo, come aveva
intuito Nietzsche,
è giunto al momento storico in cui non ha altra scelta se non
quella di rinunziare alla propria umanità o di prendere in
mano il "dominio della Terra"»
(). Ma
è Nietzsche [alias, alias]
stesso a indicarci cosa ciò significhi: «Il
"bene dell'individuo" è altrettanto immaginario del
"bene della specie". Il primo non è sacrificato al
secondo. La specie, vista da lontano, è qualcosa di
altrettanto inconsistente che l'individuo. La "conservazione della specie" è
soltanto una conseguenza della crescita della specie, il che equivale ad una vittoria sulla specie,
nel cammino verso una specie più forte. [...] E' precisamente
con riguardo ad ogni essere vivente che si può mostrare meglio
che esso fa tutto ciò che può non per conservare se
stesso, ma per diventare più di ciò che non
sia» ().
D'altronde,
la tendenza sovrumanista e postmoderna, da Nietzsche in poi, nel
rifiutare la visione linearista e provvidenziale della storia propria
ai monoteismi religiosi e laici che ci promettono la "pace"
della fine dell'avventura umana, sostituisce la sfera al
cerchio, κύκλος,
dell'antichità pagana – una sfera la cui superficie è
il presente, che si espande necessariamente verso l'esterno ma può
ruotare in qualsiasi direzione ().
Certo, la visione "aperta" della storia non dà
certezze consolanti, ed implica necessariamente il fatto che la
storia possa finire. Garantisce d'altronde, sino a che ciò
non si verifichi, che ogni punto, ogni epoca possano essere assunti
come il momento di una nuova origine, di una rigenerazione
della storia stessa.
L'era
del passaggio al "terzo uomo" e della inevitabile
alterazione dei fondamenti biologici stessi della vita sul pianeta,
età in cui siamo destinati a vivere storicamente la nostra
esistenza, è perciò un'era primordiale in cui si
affronteranno, ancora una volta, da un lato, l'aspirazione
paradisiaca alla fine della storia, delle differenze, dei conflitti,
della "presunzione umana"; dall'altro, un nuovo, possibile sogno di grandezza su scala mai prima immaginata, capace di
proiettare la libertà e la volontà di potenza della
propria comunità di riferimento "sino là dove
nessun uomo è mai giunto prima".
L'avvenire
apparterrà a chi saprà esprimere la volontà più
forte, la consapevolezza più profonda.